Articolo preso da techeconomy.it di Stefano Epifani (link)
(download IoE e l’ortolano)
E così, quando un paio di settimane fa pensavo di staccare per qualche ora e dedicarmi all’orto, mi son ritrovato con il mio ortolano a parlare di Internet of Everything. E se forse non l’ho convinto a comprarsi un rilevatore di posizione per bovini o un sensore per l’orto, la chiacchierata è stata per me senz’altro più istruttiva di tante conversazione con esperti del settore.
Lo è stata perché mi ha consentito di recuperare una dimensione di realtà che nei dialoghi tra “esperti” spesso si perde. Quella dimensione che ci ricollega ai problemi ed alle reali esigenze delle persone, riportandoci a comprendere come per far si che l’innovazione sia davvero utile non ci si possa chiudere in meccanismi e dinamiche autoreferenziali ma ci si debba invece aprire alla concretezza del mondo. E se questo è vero per il digitale in generale lo è tanto più quando parliamo di Internet Of Everything. Perchè quando il digitale incontra i processi, le cose e le persone è inevitabile che incontri con esse la complessità dei processi, la fisicità delle cose, la soggettività delle persone.
Un incontro che per non diventare scontro deve tener bene in considerazione il fatto che il mondo non è (solo) quello dei laboratori di ricerca, ma (soprattutto) quello dei tanti ortolani – grandi e piccoli – che delle tecnologie dovranno essere utenti. Ed è bene ricordare che, ognuno a modo suo, così come qualche giorno fa siamo stati tutti (chi più chi meno) Charlie Hebdo siamo anche (e saremo sempre) tutti ortolani. Lo siamo e lo saremo perchè nella nostra dimensione di utenti viviamo una dinamica di cambiamento della quale dobbiamo considerare gli impatti e ricordarli bene quando torniamo alla dimensione di esperti.Perché se è vero che l’usabilità è il rapporto tra user model e design model, quanto più ci allontaniamo dalla nostra dimensione di utenti tanto meno riusciremo ad essere efficaci nel rendere usabili le innovazioni delle quali ci facciamo a vario titolo artefici.
La storia dell’informatica è piena di innovazioni che – indipendentemente dalla loro efficacia potenziale – si sono scontrate contro il muro di una realtà fatta di fattori che, nella loro banalità, non sono stati considerati con la dovuta attenzione. Mai come con l’Internet Of Everything ci siamo trovati di fronte ad una rivoluzione tecnologica con impatti così forti sulle persone – su tutte le persone – e quindi mai ci siamo trovati con un’esigenza così forte di non perdere il contatto con la realtà quotidiana. Mai come oggi realtà fisica e realtà digitale hanno richiesto uno sforzo di integrazione così alto. Mai come oggi tale sforzo si rivelerà decisivo.
Per questo sono grato al mio ortolano che con il suo pragmatismo, forse da non esperto di IoE ma sicuramente da grande esperto dei suoi problemi, ha immediatamente identificato le potenzialità ed i limiti del contesto nel quale ci stiamo muovendo, dandoci tre lezioni fondamentali:
- Arrivare alle persone: Come abbia fatto il mio ortolano a finire su un video di un seminario nel quale parlo di IoE è un mistero. Sta di fatto che il dato significativo è che temi apparentemente specialistici oggi escono con sempre più forza dai ristretti ambiti degli esperti. È un fatto indubbiamente positivo: stiamo arrivando alle persone. Ma proprio per questo è sempre più importante sforzarsi di essere comprensibili, di tradurre gli argomenti tecnici e teorici in fatti concreti, di promuovere occasioni di confronto con il mondo reale, che è quel mondo verso cui ci porta – o ci dovrebbe portare – l’Internet Of Everything. Quell’internet di ogni cosa che, per essere davvero di ogni cosa, deve prima di tutto arrivare alle persone. E parlare la loro lingua.
- Guardare ai problemi reali: Arrivare alle persone vuol dire guardare ai problemi reali. Vuol dire sforzarsi di comprendere le esigenze degli utenti, delle aziende, delle istituzioni. Troppe volte abbiamo visto l’industry dell’ICT avvitarsi attorno a temi completamente autorefrenziali, al punto da perdere il contatto con la realtà ed arrivare ad offrire soluzioni in cerca di problemi. La velocità con la quale il fenomeno dell’Internet Of Everything si affermerà dipenderà (anche) dalla capacità di guardare ai problemi reali. E naturalmente di comprenderli.
- Fornire soluzioni concrete: Guardare ai problemi reali si traduce nella capacità di fornire soluzioni concrete. Ancora una volta, più di ogni altra volta, diventa indispensabile coinvolgere chi i problemi li vive tutti i giorni. È indubitabile che l’Internet di ogni cosa cambierà ogni cosa, ma in questo processo di cambiamento il ruolo di chi le cose le vive è quantomai centrale. L’identificazione di soluzioni concrete a problemi reali è la chiave di volta per promuovere il cambiamento apportato dall’Internet of Everything. Non serve inventarsi scenari futuri: dobbiamo partire dai problemi quotidiani di chi i processi li conosce dall’interno. Se da un punto di vista macroscopico l’IoE è destinato a ridisegnare intere industry non bisogna dimenticare che tale innovazione non sarà necessariamente disruptive. In molti casi un approccio incrementale risulterà vincente, per cambiare il mondo non con un improbabile salto carpiato, ma passo dopo passo.
Questi tre elementi sono e saranno fondamentali per passare dallo stadio in cui le tecnologie sono utilizzate da first mover e da appassionati in contesti prevalentemente sperimentali alla fase in cui diventeranno davvero alla portata di tutti. Paradossalmente l’Internet of Everything sarà una realtà concreta proprio quando smetteremo di parlarne, perché allora la rete sarà davvero entrata in ogni cosa, cambiandone la natura e ridisegnando la realtà. Perché quando l’Internet of Everything sarà una realtà allora non sarà solo “una realtà”, ma rappresenterà “la realtà” di una società nuova.
Per questo è così importante seguirne gli sviluppi, anche grazie ad occasioni di incontro e confronto come quella organizzata da Cisco con la seconda edizione dell’#IoEForumIta.